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Lotta al cancro: scienziati campani scoprono come togliere energia ai tumori

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Tempo di Lettura: 6 minuti

La lotta al cancro fa un passo avanti. Due scienziati del Sud Italia, il beneventano Antonio Iavarone e la barese Anna Lasorella, hanno individuato negli Stati Uniti il modo di togliere energia a una categoria di tumori maligni tra cui una tipologia di glioblastoma, il più aggressivo dei tumori al cervello. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, apre la strada a una cura farmacologica che sarà sperimentata su pazienti affetti dalla malattia in forma recidiva e ricoverati a Parigi in un ospedale fondato da Luigi XIV, il Pitié Salpêtrière.

Iavarore e Lasorella – che vent’anni fa hanno lasciato l’Italia delusi dai sistemi familistici che condizionano la ricerca – hanno individuato il meccanismo innescato da una fusione di due geni chiamati FGFR3 e TACC3 i quali danno vita a un nuovo supergene in grado di aumentare numero e attività dei mitocondri, organelli presenti all’interno della cellula che funzionano come centraline di produzione di energia. Grazie all’azione di questo supergene, il cancro ha a disposizione una maggiore quantità di energia, indispensabile per il moltiplicarsi e diffondersi incontrollato delle cellule tumorali. La scoperta ha portato gli scienziati a usare, in prove di laboratorio alla Columbia University di New York, farmaci già esistenti che riducono l’attività dei mitocondri senza danneggiare le cellule sane, fino a bloccare la crescita dei tumori umani coltivati in laboratorio oppure iniettati nelle cavie.

Come racconta Il Mattino, non è la prima scoperta di respiro internazionale di Iavarone e Lasorella, che nella vita sono marito e moglie. In uno studio pubblicato sulla rivista Science nel 2012 i due ricercatori avevano individuato la fusione di FGFR3 e TACC3 come causa del 3% dei casi di glioblastoma. Dopo la scoperta iniziale del team Iavarone-Lasorella, altri studi hanno riportato che la stessa fusione genica è presente con percentuali simili a quella del glioblastoma anche in altri tumori umani come il carcinoma del polmone, dell’esofago, della vescica, della mammella, della cervice uterina ed il carcinoma della testa e del collo, tumori che colpiscono globalmente varie migliaia di persone ogni anno.

“Quella tra FGFR3 e TACC3 è probabilmente la più frequente fusione genica descritta finora nel cancro”, ritiene Iavarone, in questi giorni nella sua Benevento, dove sabato 30 dicembre ha assistito allo stadio alla prima vittoria in Serie A della squadra di calcio. Ma il campionato cui è iscritto Iavarone è un altro: “Con questa ricerca, siamo finalmente riusciti a capire come FGFR3-TACC3 induce e perpetua i tumori maligni e possiamo sfruttare i nuovi obiettivi terapeutici in una cura sempre più personalizzata del cancro”.

Lo studio descrive – secondo una nota diffusa a New York – una complessa cascata di eventi scatenati dalla presenza della potente fusione genica FGFR3-TACC3 che convergono nell’aumento della attività mitocondriale. Applicando una ampia serie di analisi, gli scienziati hanno scoperto che il supergene FGFR3-TACC3 attiva una proteina chiamata PIN4. Dopo l’attivazione, PIN4 raggiunge altri piccoli organelli cellulari, i perossisomi, che normalmente metabolizzano grassi e producono carburante per l’attività mitocondriale. Infatti, il numero di perossisomi aumenta di 4-5 volte dopo l’attivazione di PIN4 da parte di FGFR3-TACC3, così come aumenta la loro attività metabolica causando l’accumulo nella cellula di sostanze ossidanti. Queste sostanze stimolano la produzione di PGC1-alfa, il fattore fondamentale per il metabolismo mitocondriale, che quindi diventa libero di stimolare in maniera incoordinata l’attività dei mitocondri e la produzione dell’energia indispensabile al cancro.

“Il nostro studio fornisce la prima evidenza che geni-chiave dello sviluppo tumorale causano direttamente una iperattività mitocondriale – dice la professoressa Lasorella – questo studio individua anche per la prima volta il coinvolgimento dei perossisomi nell’evoluzione tumorale e ci suggerisce come poter incidere sulle fonti energetiche cellulari per colpire il tumore. Infatti, in esperimenti su cellule tumorali in coltura e in modelli animali di glioblastoma generati da FGFR3-TACC3, il trattamento con gli inibitori del metabolismo mitocondriale ha interrotto la produzione di energia e fermato la crescita tumorale”.

La combinazione di farmaci che inibiscono l’attività mitocondriale e quella enzimatica di FGFR3-TACC3 potrebbe risultare utile nel trattamento dei tumori che contengono FGFR3-TACC3. In studi precedenti, i ricercatori italiani della Columbia University avevano dimostrato che i farmaci che bloccano direttamente l’attività enzimatica della fusione genica (cosiddetti “farmaci-bersaglio” o “targeted drugs”) causavano un aumento della sopravvivenza di topi affetti da glioblastoma. Per questo, i farmaci-bersaglio che hanno mostrato efficacia in laboratoro vengono tuttora testati in pazienti con glioblastoma positivo per FGFR3-TACC3 in studi clinici diretti da uno dei coautori dello studio, il professor Marc Sanson dell’ospedale universitario Pitié Salpêtrière a Parigi, un’istituzione fondata nel 1656 dal Re Sole Luigi XIV.

“Farmaci che inibiscono enzimi di tipo chinasi sono stati usati in alcuni tipi di tumori con risultati incoraggianti”, aggiunge il professor Iavarone. “Tuttavia, con il tempo il tumore diventa resistente a questi farmaci e progredisce. Noi ipotizziamo che si possa prevenire resistenza e recidiva tumorale attraverso una simultanea inibizione del metabolismo mitocondriale e di FGFR3-TACC3. Stiamo testando questa nuova ipotesi nei nostri laboratori della Columbia University”. Al gruppo di ricerca hanno preso parte anche due bioinformatici campani, Michele Ceccarelli
dell’Istituto Biogem di Ariano Irpino e Stefano Pagnotta, dell’Università del Sannio, nonché i ricercatori Luciano Garofano e Luigi Cerulo .

Oltre al gruppo di scienziati del Sud Italia, nel team newyorkese hanno lavorato allo studio titolato “A metabolic function of FGFR3-TACC3 gene fusions in cancer” i ricercatori Véronique Frattini, Tala Fnu, Marco V. Russo, Sang Bae Lee, Jing Zhang, Peiguo Shi, Généviève Lewis, Heloise Sanson, Vanessa Frederick, Angelica M. Castano, Jerry Fan, Delphine Rolland, Raghvendra Mall, Karima Mokhtari, Kojo Elenitoba-Johnson e Xi Huang. “Una squadra internazionale – commenta Iavarone al Mattino – perché tale è la ricerca. In Italia però persino un progetto di ampio respiro come l’Human Technopole, nato con l’intenzione dichiarata di attrarre i migliori scienziati (italiani e non) che si occupano di Big Data in oncologia e neuroscienze dall’estero, la top comunità scientifica non è stata finora coinvolta in nessuna fase del progetto. Senza il coraggio della internazionalizzazione nessun progetto non potrà mai raggiungere gli ambiziosi risultati che si afferma di voler perseguire”. L’intervista integrale al professor Iavarone sarà in edicola sul Mattino del 4 gennaio.

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