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Pontecagnano, imprenditore ai domiciliari: nuovo sequestro da 43 milioni

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Tempo di Lettura: 3 minuti

Si sarebbe avvalso di una serie di cooperative da cui avrebbe ricevuto, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2019, fatture per operazioni inesistenti per circa 175 milioni di euro, traslando in capo a quest’ultime gli obblighi fiscali, di fatto mai adempiuti, riferiti ai rapporti commerciali posti in essere con terzi clienti. Su questo si sono concentrate le indagini relative a un gruppo di società dei settori pulizia, facchinaggio e logistica riconducibili a Giovanni Attanasio, imprenditore salernitano di 64 anni, finito agli arresti domiciliari. Nella mattinata di oggi, la guardia di finanza del comando provinciale di Salerno, su disposizione della procura, ha dato esecuzione a un provvedimento emesso dalla sezione Riesame del tribunale di Salerno con il quale è stato disposto il sequestro preventivo, nella forma diretta e per equivalente, per un valore pari a circa 43 milioni di euro, riformando così un iniziale provvedimento di rigetto parziale emesso dal gip di Salerno lo scorso 4 dicembre. In tale ambito, era stato già eseguito, lo scorso 13 dicembre, il provvedimento di accoglimento parziale emesso dal gip per un importo complessivo di 34 milioni di euro, per i reati tributari di dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi e Iva, omessa dichiarazione, omesso versamento delle ritenute e dell’imposta sul valore aggiunto nei confronti delle cooperative, non ritenendo, invece, sussistenti le ipotesi di false fatturazioni nei rapporti intercorrenti tra una società, la Natana.Doc spa, e le cooperative. All’esito dell’intera attività, dunque, è stato disposto il sequestro per una somma complessiva di circa 77 milioni di euro.

A seguito dell’impugnazione del provvedimento di rigetto, il tribunale del Riesame ha condiviso quasi interamente l’originario impianto accusatorio della procura, secondo cui gli indagati avrebbero conseguito un illecito profitto attraverso un duplice schema evasivo, trasformando così il costo del lavoro, come tale non sottoponibile a Iva, in prestazione di servizi. In un caso, si contesta, le società cooperative, assumevano direttamente l’incarico dal committente, utilizzando forza lavoro della Natana.Doc spa, consentendo a quest’ultima di avvantaggiarsi dell’interposizione di soggetti che, a breve distanza temporale, cessavano la loro attività, senza assolvere i previsti obblighi dichiarativi. In altri casi, invece, la società, ottenuto l’appalto di servizio dal committente finale, lo avrebbe sub-appaltato alle cooperative, utilizzando forza lavoro posta alle sue dirette dipendenze, ma facendo risultare cartolarmente una prestazione di servizi soggetta a Iva fornita dal subappaltatore. La forza lavoro sarebbe rimasta, quindi, sempre riconducibile alla Natana.Doc Spa che, in base allo schema utilizzato, sarebbe stata parte occulta dell’appalto stipulato tra cooperative e committente ovvero avrebbe assunto l’appalto per poi sub-appaltare fittiziamente la prestazione alle cooperative. I meccanismi fraudolenti avrebbero consentito di ottenere, oltre che un indebito risparmio fiscale, un vantaggio concorrenziale sul mercato, permettendo di applicare prezzi inferiori a quelli praticati da imprese operanti nel medesimo settore. Queste condotte, secondo la pronuncia del Riesame, in attesa di giudizio definitivo in dibattimento, configurerebbero i reati di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false e mediante altri artifici.

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