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Angri: svuotano un’impresa in bancarotta, sequestrati 800mila euro a due fratelli

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Tempo di Lettura: 2 minuti

Avevano “svuotato” il patrimonio di una società in bancarotta, lasciando “in piedi” solo i debiti con il Fisco. Maxi sequestro da 800mila euro da parte della guardia di finanza a due fratelli titolari di un’impresa di Angri: sono accusati di bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Gli accertamenti delle fiamme gialle di Scafati, coordinate dalla Procura di Nocera Inferiore, sono iniziati nel mese di luglio 2018, quando è stata dichiarata fallita una società di Angri che opera nel settore della fabbricazione di impianti elettrici per le industrie. Nel corso delle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Davide Palmieri, è emerso che, negli ultimi due anni, l’impresa aveva accumulato debiti con il Fisco per diverse centinaia di migliaia di euro, quando solo nel 2015 vantava un attivo di quasi 1 milioni e 300 mila euro.

Dalle indagini dei militari è emerso che, proprio per ostacolare la ricostruzione del patrimonio societario, destinato alla liquidazione dei creditori “insinuatisi” nell’asse fallimentare, gli imprenditori avevano falsificato i bilanci e distrutto – o comunque occultato – la documentazione contabile, “svuotando” in breve tempo l’azienda di tutti i beni.

Il denaro era stato fatto confluire sui conti correnti personali o di società comunque riconducibili ai due, ma anche una nuova e lussiosa Audi A8L, intestata ad un vicino di casa, pur di impedire che venisse acquisita dallo Stato.

Una situazione ancor più grave se si considera pure il mancato pagamento del TFR per il personale dipendente, di circa un milione di euro. Il G.I.P. Gustavo Danise ha emesso quindi un sequestro preventivo nei confronti dei due amministratori. I finanzieri di Scafati hanno confiscato un edificio di 15 vani ed un ampio opificio in uso all’azienda, un’autorimessa e 3 appartamenti, per il valore complessivo di circa 800 mila euro. Se le accuse dovessero essere confermate, i responsabili rischiano una condanna fino a dieci anni di reclusione.

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